Marzo è alle porte e mancano pochi giorni a Carnevale. Scopriamo insieme la storia delle maschere della Commedia dell’arte a cominciare da Pulcinella.
Pulcinella è forse la maschera più popolare e antica, emblema di Napoli e del suo popolo, contraddizioni incluse.
La maschera ha origine molto antiche, risale addirittura al teatro dell’antica Roma, ma viene inventata ufficialmente con la Commedia dell’arte ad opera dell’attore Silvio Fiorillo. Fiorillo si ispira a Puccio d’Aniello, il contadino dal viso scurito dal sole della campagna e dal naso lungo, ritratto dal pittore Annibale Caracci. Sarà però Antonio Petito a definire il costume moderno: Pulcinella indossa un’ampia casacca bianca serrata in vita da una cintura nera tenuta bassa sopra un paio di pantaloni bianchi abbondanti, che terminano in scarpe nere. La maschera è nera con un naso adunco che definisce la tonalità stridula della voce.
Pulcinella ricopre il ruolo del primo Zanni: è un servo costantemente affamato disposto a tutto – mentire, ferire – per un semplice piatto di maccheroni. È una maschera sfrontata, chiacchierona e incapace di mantenere i segreti, ma soprattutto ironica. L’ironia è la sua arma contro le avversità del mondo. Pulcinella rappresenta l’anima ambivalente di Napoli. Tale ambivalenza è anche interpretata in termini di ermafroditismo: la parte superiore della maschera è maschile, mentre quella inferiore (ventre, natiche e seni) è femminile. Pulcinella è una figura dualistica: incarna i binomi uomo-donna, città-campagna, comico-tragico, sciocco-arguto, e la cultura pagano-cristiana napoletana.
In piazza San Marco potrete sicuramente avere occasione di incontrare un Arlecchino che saltella durante il Carnevale. Godetevi la festività e fermati da Ristorante Marciana per un buon pasto.
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